La 500 x 2, Caorle 1999 |

Un amico mi ha concesso di pubblicare il raccontino della sua 500 x 2 del 1999.

Eccolo:

la barca era un JOD 35 ex flotta Giro d’Italia

La domenica pomeriggio, dopo la piombatura del motore, ci trainano lungo il canale per portarci nei pressi della linea di partenza: stiamo per cominciare… poca nafta e niente acqua nei serbatoi, un po’ di roba da mangiare e tante vele e sigarette (toglietemi tutto ma non le paglie e 4 accendini.

Alle 20:00 c’e’ il nostro start (la 500 x tutti e la 200 x 2 partono dopo ad intervalli di 10 minuti), c’è poca aria da terra ma sappiamo che una perturbazione dovrebbe transitare velocemente il giorno dopo prima che si ristabilizzi l’alta pressione.

Partiamo bene, siamo probabilmente i primi ad issare lo spinnaker, sulla nostra sinistra il “Graffio” (nostro avversario diretto) naviga veloce col suo drifter un po’ più all’orza di noi mentre sottovento vediamo passare il “Fanatic” , diventa buio ed alle nostre spalle esplodono i fuochi d’artificio che ci salutano.

Durante la notte il vento è piuttosto instabile sia di intensità che di direzione, così ci sembra più di essere in un bastone che in una regata di 500 miglia, facciamo qualcosa come 7/8 cambi di vele: su il genoa leggero, giù lo spi, su il gennaker e via così fino all’alba.

La mattina la situazione è decisamente variegata, la flotta si è aperta a ventaglio, le barche più veloci della 500 x tutti ci hanno raggiunto e ci si trova in una strana situazione: le barche più sottocosta come il “Mucillaggine rosa” navigano di bolina, le barche che come noi sono a 2/3 miglia dondolano nella piatta assoluta e quelli più al largo scendono ancora sotto spi.

Damir, che gioca in casa essendo di Rovigno, ci porta in costa iniziando un balletto di baia in baia a cercare il più piccolo refolo di termica e mi fa passare in canali tra un’isoletta e l’altra talmente stretti che io non penserei neppure di provarci.

Siamo convinti che il “Graffio” ci sia davanti e quindi cerchiamo di spremere ogni decimo di nodo possibile lavorando di fino sulla regolazione delle vele.
Verso le 18:30 passiamo il mark del Sansego, abbiamo il primo dei mini poco avanti sottovento e vediamo un gruppo di 5/6 barche davanti all’orizzonte. A un certo punto sul VHF sentiamo la chiamata del “Graffio” al punto di controllo, ci sono dietro di circa un’ora e la cosa ci carica non poco.

La perturbazione sta arrivando da Nord, issiamo lo spi pesante e ci infiliamo sotto i primi groppi: con 20 nodi d’aria iniziamo ad infilare planate a 10 nodi ed il gruppo di 5 barche davanti diventa più vicino.

Arriviamo mure a dritta di fianco ad un Este 35 in equipaggio, strambiamo su mure a sinistra per rimanere dentro al groppo e lo passiamo.

Durante la notte il vento aumenta sui 30 nodi costanti, abbiamo raggiunto il gruppetto che vedevamo all’orizzonte, una barca di queste (penso fosse il 40.7 in equipaggio ma non ne sono sicuro) anticipa la strambata su mure a sinistra e riesce a rimanere sotto il groppo, noi ritardiamo troppo la decisione e quando siamo sotto riteniamo più igienico per la salute tirare dritto e non seguirlo.

Il log non scende mai sotto i 10 nodi con punte di 13/14.

All’alba lo scenario è notevole: il mare è decisamente formato con onda incrociata (sapremo poi che era stato dichiarato un forza 6/7) e noi siamo in rotta con la sola randa con una mano che infiliamo planate a 15 nodi una dietro l’altra.

La stanchezza è notevole, abbiamo dormito pochissimo e mai per più di un’ora e mezza di fila, ma sappiamo che stiamo andando forte e la cosa ci sprona a tirare al massimo.

Il vento aumenta ancora (il nostro strumento segna 40 nodi di reale con raffiche a 43/45) 2 onde incrociate sollevano la poppa della barca, per un attimo sento il timone pompare a vuoto perché completamente fuori dall’acqua (brutta sensazione poi la prua si abbassa verso il cavo e la barca parte (fortunatamente dal lato giusto) 14… 15… 16… 17,4 nodi di log….. vibra tutto, è ora di ammainare la randa.

Nell’operazione perdiamo parecchio tempo ed energie, intraversati al mare dobbiamo sfilarla completamente facendola cadere in mare e poi recuperarla piano piano togliendo le stecche e legandola alla grossa al boma.

Issiamo il fiocco ma con solo quello siamo troppo lenti, avanziamo a 6/7 nodi e la barca è difficilmente controllabile con quel mare. Giù il fiocco e su il genoa pesante… con quello planiamo a 11/12 nodi e la barca è decisamente più stabile.

Verso le 17 raggiungiamo le Tremiti subito davanti ad “Ines”, un Modulo 126 che aveva passato per primo il Sansego, in pratica gli abbiamo recuperato 3 ore in meno di un giorno.

Appena ridossati dalle isole cerchiamo di mettere un po’ di ordine in barca: sottocoperta gli spinnaker galleggiano in una pozzanghera di acqua mista ad olio e nafta (credo che il vano motore non fosse mai stato pulito, riarmiamo la randa con 2 mani, issiamo il fiocco e passiamo il mark.

Vediamo fermi li’ dietro le Tremiti il 40.7 in equipaggio, il JOD di Roberto in equipaggio ed “Ines”, tutti in trenino ad aspettare un miglioramento. Noi decidiamo di tirare dritto subito.

Usciti dalla copertura delle Tremiti il vento è calato sui 25 nodi ma il mare è ancora formato, riusciamo comunque a fare una buona bolina con prua più o meno su Spalato, vogliamo portarci più possibile in costa dall’altra parte prima che la perturbazione ci molli e l’alta pressione determini solo brezza termica.

Mi giro spesso per vedere il primo che decide di seguirci, sappiamo che tutta la strada che stiamo facendo è vantaggio e seppur stanchi il morale è altissimo.

Un onda ogni 4 riempie il pozzetto, ma ormai, più bagnato di così è impossibile.

Il vento cala e gira verso est: siamo passati proprio nel momento giusto nè troppo presto da non riuscire a risalire nè troppo tardi da beccare il calo del vento in mezzo.

Ammaino il fiocco e lo sostituisco col genoa pesante (cantando Gig Robot d’acciaio… sono un filo cotto virando su mure a dritta, poi esce anche Damir e togliamo le 2 mani alla randa: ci sono 18 nodi d’aria e siamo praticamente in rotta perfetta per il Sansego, tutto sembra girarci per il verso giusto.

Invece… cazzando la drizza del genoa un colpo secco e vedo rotolare qualcosa in coperta: è la testa del bullone della landa. Laschiamo tutto e per fortuna l’altro bullone ha tenuto, altrimenti l’albero sarebbe venuto giù senza scampo.

Sono le 9 di sera, mettiamo 2 drizze in falchetta per distribuire lo sforzo ed iniziamo a pensare ad una soluzione: setacciamo la barca alla ricerca di un bullone che possa andare bene, guardiamo anche i bulloni che sostengono il motore ma nulla, purtroppo quel bullone trattiene la basetta delle sartie in coperta, la passa e si aggancia sulla landa, non è tanto un problema di diametro ma di lunghezza… bulloni lunghi 10 cm proprio non ce ne sono.

Nei pensieri pazzi del momento ipotizziamo anche di togliere il bullone dalla sartia sottovento e di cambiarli ad ogni virata, ma dopo un po’ ci rendiamo conto che la soluzione non è praticabile.

E’ inutile, così con 160 miglia di bolina mure a dritta che ci aspettano, non possiamo continuare, dobbiamo ritirarci.

Taglio la piombatura al motore (e subito dopo vomito bile e ritorniamo alla Tremiti dove la stanchezza prende il sopravvento e dormiamo 8 ore filate.

La mattina dopo andiamo a Termoli dove compriamo il bullone, che con relativo dado autobloccante costa la grassa cifra di L. 10.500 (il tipo del negozio non voleva vendercelo perchè secondo lui costava troppo… mavaffanculo!!!, mangiamo qualcosa, facciamo nafta e partiamo: 40 ore dopo saremo a casa.

Sapremo poi che avevamo girato le Tremiti secondi assoluti dietro il “Fanatic” e primi di classe con 2 ore di vantaggio. L’unica consolazione è quella di non aver vinto la coppa con l’albero su piuttosto di non aver vinto la coppa con l’albero giù.

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