Miceli e Picciolini raccontano del salvataggio ai giornalisti |

Roma, 28 gennaio 2011– Questa mattina nella sede della Provincia di Roma (Sala della Pace) Matteo Miceli e Tullio Picciolini hanno incontrato la stampa per raccontare i giorni trascorsi sul catamarano Biondina Nera a caccia del record di traversata atlantica in doppio da Dakar a Guadalupa. Un’avventura finita con una scuffia e la rottura dell’albero e con i due velisti che si sono ritrovati naufraghi ad oltre 1.100 miglia dalle coste più vicine. Miceli e Picciolini hanno voluto narrare le ore che si sono succedute dal momento in cui è stato lanciato il “mayday” a quando il cargo polacco Delia li ha tratti in salvo in pieno Oceano Atlantico.

In conferenza stampa Matteo Miceli si è detto un po’ deluso per il record mancato “perché era alla nostra portata. Non stavamo esagerando, anzi eravamo abbastanza tranquilli. Da un paio di giorni sapevamo di avere un enorme vantaggio sui francesi e anche di avere un meteo difficile ma favorevole, che ci avrebbe portato in costanza di vento fino all’arrivo. Alessandro Pezzoli, il nostro router, ha fatto veramente un ottimo lavoro scovando una finestra meteo perfetta. Il non averla sfruttata fino in fondo è solo colpa nostra”.

Tullio Picciolini pone invece l’accento sulla sicurezza: ”Siamo sempre stati al sicuro sia perché eravamo assolutamente preparati, sia perché a terra avevamo un grande team di uomini sicurezza (Valerio Brinati, Enrico Corsetti, Daniele Pirozzi) ed alla prova dei fatti si è visto. Non abbiamo mai perso il contatto con Roma. Avevamo il localizzatore d’emergenza, il telefono satellitare e il posizionatore satellitare che indicava a terra il nostro punto esatto”.

Il “fattaccio” è avvenuto al sesto giorno di navigazione, quando l’ETA (extimated time of arrival) era fissato alle 03.30 Gmt del 22 gennaio, ben prima degli 11 giorni, 11 ore, 25 minuti e 42 secondi del record francese. “Erano le 4 del mattino, quindi in piena notte e non si vedeva nulla. Ero io al timone – racconta Tullio Picciolini – e sentivo solo il rumore del vento e delle onde. Matteo dormiva con la testa al riparo della piccola tendina di 70X70 che avevamo salvato dalla prima scuffia. Navigavamo tranquilli ma tutto è cambiato nel giro di un paio di minuti. Il vento è girato ed è arrivata improvvisa una raffica di onde alte 4 metri che hanno investito la barca al traverso. Ho svegliato Matteo per ridurre la velatura ma non abbiamo fatto in tempo. La barca si è rovesciata e si è rotto l’albero. A quel punto Biondina Nera si è capovolta a 180° e non c’è stato più nulla da fare”.

Nonostante tutto Matteo e Tullio hanno provato per tutta la notte a raddrizzare il catamarano per armare un albero di fortuna e salvare la barca. Poi si sono definitivamente arresi verso le 12:00 del mattino successivo ed hanno lanciato il “mayday”.

Il salvataggio da parte del cargo polacco Delia giunto sul posto 4 ore dopo è stata la parte più difficile. “Nessun velista è preparato a scalare una montagna di ferro di 15 metri con una corda – commenta Miceli – e questa è una lacuna che va colmata. Gli equipaggi delle navi sono addestrati a queste operazioni di salvataggio in mare, mentre questa eventualità, che poi alla luce dei fatti recenti accaduto non solo a noi è la più probabile – non viene presa in considerazione. E’ impressionante salire come un alpinista su una montagna che però è in movimento. Con il rollio della nave causato dalle onde si viene allontanati dalla murata della nave e poi ci si finisce violentemente contro. E questa giostra dura qualche minuto durante il quale prendi davvero tante botte”.

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