Raddrizzamento di prossima generazione |

Lo chiedo a chi mi legge perchè io non riesco a darmi un’opinione…

Che ne pensiamo del nuovo sistema di raddrizzamento dinamico che sta sviluppando l’eclettico(?) ed anticonvenzionale progettista Hugh Welbourn e che viene proposto in un articolo di www.thedailysail.com?

Sarà vero che ha in se i pregi delle kanting keel senza averne i difetti?

Purtroppo l’accesso totale all’articolo è solo per gli abbonati ma secondo me già dalla foto si capisce il meccanismo ed i principi che lo governano.

No Responses to “Raddrizzamento di prossima generazione”

  1. mah, il sistema sembra basato su un’ala a profilo asimmetrico che viene estratta e immersa in murata sotto il galleggiamento, creando portanza diretta verso il basso e quindi raddrizzamento; in pratica il contrario di un hydrofoil.
    Se è come penso, la prima cosa che mi viene in mente è che un sistema che funziona tanto più quanto più sei veloce, se rallenti addio portanza, e addio stabilità aggiuntiva; in condizioni di vento forte, mare formato e onda corta e ripida dove DEVI rallentare per non spaccare tutto, anche sugli open 60, potrebbe prestare il fianco a problemi.
    Staremo a vedere.

  2. Lo sapevo di poter contare su dite :-)

  3. Crispilo, credo che ti sia confuso: l’ala sottovento, l’unica in acqua, deve sollevare, quindi di fatto lavora come un foil asimmestrico.
    Ma non mi convince per nulla.
    Intanto, senza aggiungere altra resistenza, basterebbe mettere un doppio trim tab davani e dietro alla deriva per far assumere alla medesima una notevolissima portanza dinamica e quindi raddrizzamento, ma il problema dell’azzeramento del medesimo a barca ferma sarebbe disastroso.
    A questo punto, sarebbe molto meglio pensare ad un carrello su rotaia che si sposta all’interno dello scafo mosso da un sistema di cime cche lo spostano sopravvento ad equilibrare la barca.
    Sicuramente meno complesso tecnicamente di una canting keel e meno soggetto a rotture.
    Non dimentichiamo una regola aurea in questi casi: con il peso mobile posizionato nella peggior posizione possibile, la barca deve comunque autoradrizzarsi dalla posizione di vele in acqua, che è un po’ più di 90° di inclinazione.

  4. pensate che già 40 anni fa avevano provato con un peso mobile ( un pezzo di cemento )su una deriva!!! un ballast che correva da una mura all’altra trattenuto da una cima!!! vedremo l’evoluzione…..
    conoscete i progetti arch.Defline e le sue barche a doppia chiglia mobile?

  5. su un mini hanno provato una chiglia che si spostava in senso trasversale e nel contempo basculava (canting & sliding keel la chiamavano se non erro); il discorso del doppio trim tab, o comunque del frazionamento della superficie alare (come le vele dei cata classe C) potrebbe invece essere potenzialmente interessante perchè il grosso limite delle attuali ali immerse è che essendo a profilo lunghezza e corda costante non possono avere un range di portanza /resistenza ottimizzabile alle varie andature e condizioni. Un profilo alare simmetrico diviso in tre parti, fissa centrale con funzioni anche di supporto zavorra, e parti mobili sul leading e trailing edge potrebbe essere una idea.